Abstract
È singolare come i lineamenti di un proficuo rapporto teorico possano a volte venire alla luce soltanto a partire da un’analisi dei rimandi impliciti o, nel migliore dei casi, dallo studio di affermazioni estremamente circostanziate e di dettaglio. È come se alcuni autori – mossi in ciò non da disonestà intellettuale, ma da una sorta di eccesso di rispetto – non volessero poi rivelare, proprio per non intaccarne purezza ed unità, i termini precisi di tale vicinanza. In
questa prospettiva – quella di un sobrio minus dicere – il legame che unisce due tra i più perspicui autori italiani contemporanei, Giorgio Agamben e Gianni Carchia, acquisisce un valore per così dire paradigmatico. La nostra ipotesi è che il nesso che lega Agamben a Carchia sia riconducibile, da una parte, al comune interesse per la filosofia di Walter Benjamin, dall’altra, e in maniera forse più radicale, all’esplicazione di quest’ultima in una particolarissima chiave platonica.