“Hegel and Haiti”, il titolo di un articolo di S. Buck Morss pubblicato per la prima volta nel 2000 sulla rivista Critical Inquiry e più recentemente riedito come prima parte di un libro intitolato Hegel, Haiti and Universal History (2009), evoca immediatamente un’insolita combinazione di temi: il filosofo di Stoccarda e l’isola caraibica, collocati in due sfere geografiche così lontane, sembrerebbero non appartenere nemmeno alla stessa storia. Il saggio di Buck Morss vuole essere un tentativo di dimostrare il contrario, e cioè che Hegel e Haiti in realtà appartengono alla stessa storia – la storia dell’Europa moderna, che si estendeva ben oltre i confini del Vecchio Continente – e alla stessa geografia – la sconfinata geografia commerciale del XVIII e XIX secolo, disegnata dalle rotte oceaniche che collegavano i principali porti europei, le coste dell’Africa occidentale e le Americhe. L’operazione di accostare Hegel e Haiti ha il merito di sollevare un quesito radicale sulla legittimità della tradizionale autorappresentazione della modernità europea, che si è costituita e poi consolidata nei secoli attraverso la sistematica espunzione di ogni traccia dei popoli e degli spazi extraeuropei dalla propria limpida narrativa. In questo senso “Hegel and Haiti” si inscrive nel novero di una lunga serie di studi contemporanei – insieme a The Black Atlantic. Modernity and Double Consciousness (1993) di P. Gilroy, Modernity disavowed. Haiti and the Cultures ofSlavery in the Age of Revolution (2004) di S. Fischer, The Many-Headed Hydra: Sailors, Slaves, Commoners, and the Hidden History of the Revolutionary Atlantic (2000) di P. Linebaugh e M. Rediker, solo per citarne alcuni – che, da prospettive diverse, hanno contribuito a dischiudere lo spazio intellettuale per “spazzolare la storia contropelo”, come suggeriva W. Benjamin1, e ripensare la modernità, rovesciando da cima a fondo i falsi presupposti della storiografia moderna. L’enfasi che Buck Morss pone sulla congiunzione, sull’e che collega Hegel ad Haiti, rivela tuttavia un’ambizione più puntuale, che riguarda da vicino i testi hegeliani: quella di far emergere la profonda coappartenenza dei due termini, al punto di rendere impossibile – sostiene l’autrice – l’impresa di pensare Hegel senza Haiti e più precisamente senza la storia della rivoluzione haitiana2. La tesi è semplice, eppure controversa: Hegel avrebbe elaborato la famosa dialettica di signoria e servitù, con cui culmina la seconda sezione della Fenomenologia dello spirito dedicata all’Autocoscienza, prendendo spunto dall’avvento della rivoluzione di Haiti.
W. Benjamin, Sul concetto di storia, Torino, Einaudi, 1997, p. 31. ↩
S. Buck Morss, Hegel, Haiti, and Universal History, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh, 2009, p. 16. ↩
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TY - JOUR
A1 - Mascat, Jamila M.H
PY - 2011
TI - HEGEL E L’ATLANTICO NERO. Modernità, universalismo e rivoluzione
JO - Plemos
SN - 9788890413650/2281-9517
AB - “Hegel and Haiti”, il titolo di un articolo di S. Buck Morss pubblicato per la prima volta nel 2000 sulla rivista Critical Inquiry e più recentemente riedito come prima parte di un libro intitolato Hegel, Haiti and Universal History (2009), evoca immediatamente un’insolita combinazione di temi: il filosofo di Stoccarda e l’isola caraibica, collocati in due sfere geografiche così lontane, sembrerebbero non appartenere nemmeno alla stessa storia. Il saggio di Buck Morss vuole essere un tentativo di dimostrare il contrario, e cioè che Hegel e Haiti in realtà appartengono alla stessa storia – la storia dell’Europa moderna, che si estendeva ben oltre i confini del Vecchio Continente – e alla stessa geografia – la sconfinata geografia commerciale del XVIII e XIX secolo, disegnata dalle rotte oceaniche che collegavano i principali porti europei, le coste dell’Africa occidentale e le Americhe. L’operazione di accostare Hegel e Haiti ha il merito di sollevare un quesito radicale sulla legittimità della tradizionale autorappresentazione della modernità europea, che si è costituita e poi consolidata nei secoli attraverso la sistematica espunzione di ogni traccia dei popoli e degli spazi extraeuropei dalla propria limpida narrativa. In questo senso “Hegel and Haiti” si inscrive nel novero di una lunga serie di studi contemporanei – insieme a The Black Atlantic. Modernity and Double Consciousness (1993) di P. Gilroy, Modernity disavowed. Haiti and the Cultures ofSlavery in the Age of Revolution (2004) di S. Fischer, The Many-Headed Hydra: Sailors, Slaves, Commoners, and the Hidden History of the Revolutionary Atlantic (2000) di P. Linebaugh e M. Rediker, solo per citarne alcuni – che, da prospettive diverse, hanno contribuito a dischiudere lo spazio intellettuale per “spazzolare la storia contropelo”, come suggeriva W. Benjamin[1. W. Benjamin, Sul concetto di storia, Torino, Einaudi, 1997, p. 31.], e ripensare la modernità, rovesciando da cima a fondo i falsi presupposti della storiografia moderna. L’enfasi che Buck Morss pone sulla congiunzione, sull’e che collega Hegel ad Haiti, rivela tuttavia un’ambizione più puntuale, che riguarda da vicino i testi hegeliani: quella di far emergere la profonda coappartenenza dei due termini, al punto di rendere impossibile – sostiene l’autrice – l’impresa di pensare Hegel senza Haiti e più precisamente senza la storia della rivoluzione haitiana[2. S. Buck Morss, Hegel, Haiti, and Universal History, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh, 2009, p. 16.]. La tesi è semplice, eppure controversa: Hegel avrebbe elaborato la famosa dialettica di signoria e servitù, con cui culmina la seconda sezione della Fenomenologia dello spirito dedicata all’Autocoscienza, prendendo spunto dall’avvento della rivoluzione di Haiti.
SE - 4-5/2011
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