Nelle pagine che seguono, approfondiremo la lettura heideggeriana di Rilke cercando di lasciar emergere i punti in cui Heidegger tocca alcuni dei temi che stanno al cuore del periodo strutturalista di Jacques Lacan. Il testo di Lacan cui faremo riferimento è il discorso che egli tenne a Roma nel 1953, intitolato Funzione e campo della parola e del linguaggio nella psicoanalisi, nel quale Lacan articola la dialettica nel soggetto tra il linguaggio e la parola, tra la struttura simbolica e il simbolo, attraverso la parola vuota, la parola piena e quella viva, o significante. La domanda che ci siamo posti è se è possibile comprendere la parola pensante di Rilke, nell’interpretazione heideggeriana, come se essa fosse la parola piena della soggettività metafisica, nell’accezione che ad essa dà Lacan. La «parola piena» è, secondo Lacan, la parola che storicizza, che conferisce al racconto dei fatti accaduti un senso storico destinale. In questo senso proveremo a comprendere la parola del Rilke di Heidegger come quella che, storicizzando il cammino della soggettività, avrebbe l’effetto di rendere il nostro orecchio nuovamente sensibile alla necessità di un altro inizio del pensiero, realizzando la storia del soggetto «nel suo rapporto con un futuro»((Secondo Lacan «l’avvenimento della parola vera» è la condizione per la «realizzazione da parte del soggetto della sua storia nel suo rapporto con un futuro», J. Lacan, Écrits, Éditions du Seuil, Paris 1966; Scritti, Einaudi, Torino 1974 e 2002, p. 295.)). Ciò che Heidegger non sembra accogliere della parola di Rilke, pur riconoscendogli un ruolo chiave nella fine della metafisica della soggettività, è che essa è intonata da una Stimmung di congedo da ogni rappresentare metafisico. Se quest’ipotesi si rivelasse corretta, sarebbe allora possibile comprendere il suo potere di metterci in cammino verso il compimento della soggettività metafisica, come il potere della «parola piena» nel discorso del soggetto della metafisica. Come una parola che, testimoniando di un processo di soggettivazione della storia metafisica da parte del soggetto, inaugura un’altra modalità possibile di entrare nel linguaggio.
Croce, Camilla."LA «PAROLA PIENA» DEL SOGGETTO OPACO DELLA METAFISICA. Rilke tra Heidegger e Lacan". PólemosVIII. 6-7. (2014): 194-216https://www.rivistapolemos.it/la-parola-piena-del-soggetto-opaco-della-metafisica-rilke-tra-heidegger-e-lacan/?lang=it
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Croce, C.(2014). "LA «PAROLA PIENA» DEL SOGGETTO OPACO DELLA METAFISICA. Rilke tra Heidegger e Lacan". PólemosVIII. (6-7). 194-216https://www.rivistapolemos.it/la-parola-piena-del-soggetto-opaco-della-metafisica-rilke-tra-heidegger-e-lacan/?lang=it
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Croce, Camilla.2014. "LA «PAROLA PIENA» DEL SOGGETTO OPACO DELLA METAFISICA. Rilke tra Heidegger e Lacan". PólemosVIII (6-7). Donzelli Editore: 194-216. https://www.rivistapolemos.it/la-parola-piena-del-soggetto-opaco-della-metafisica-rilke-tra-heidegger-e-lacan/?lang=it
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TY - JOUR
A1 - Croce, Camilla
PY - 2014
TI - LA «PAROLA PIENA» DEL SOGGETTO OPACO DELLA METAFISICA. Rilke tra Heidegger e Lacan
JO - Plemos
SN - 9788898697243/2281-9517
AB -
Nelle pagine che seguono, approfondiremo la lettura heideggeriana di Rilke cercando di lasciar emergere i punti in cui Heidegger tocca alcuni dei temi che stanno al cuore del periodo strutturalista di Jacques Lacan. Il testo di Lacan cui faremo riferimento è il discorso che egli tenne a Roma nel 1953, intitolato Funzione e campo della parola e del linguaggio nella psicoanalisi, nel quale Lacan articola la dialettica nel soggetto tra il linguaggio e la parola, tra la struttura simbolica e il simbolo, attraverso la parola vuota, la parola piena e quella viva, o significante. La domanda che ci siamo posti è se è possibile comprendere la parola pensante di Rilke, nell’interpretazione heideggeriana, come se essa fosse la parola piena della soggettività metafisica, nell’accezione che ad essa dà Lacan. La «parola piena» è, secondo Lacan, la parola che storicizza, che conferisce al racconto dei fatti accaduti un senso storico destinale. In questo senso proveremo a comprendere la parola del Rilke di Heidegger come quella che, storicizzando il cammino della soggettività, avrebbe l’effetto di rendere il nostro orecchio nuovamente sensibile alla necessità di un altro inizio del pensiero, realizzando la storia del soggetto «nel suo rapporto con un futuro»((Secondo Lacan «l’avvenimento della parola vera» è la condizione per la «realizzazione da parte del soggetto della sua storia nel suo rapporto con un futuro», J. Lacan, Écrits, Éditions du Seuil, Paris 1966; Scritti, Einaudi, Torino 1974 e 2002, p. 295.)). Ciò che Heidegger non sembra accogliere della parola di Rilke, pur riconoscendogli un ruolo chiave nella fine della metafisica della soggettività, è che essa è intonata da una Stimmung di congedo da ogni rappresentare metafisico. Se quest’ipotesi si rivelasse corretta, sarebbe allora possibile comprendere il suo potere di metterci in cammino verso il compimento della soggettività metafisica, come il potere della «parola piena» nel discorso del soggetto della metafisica. Come una parola che, testimoniando di un processo di soggettivazione della storia metafisica da parte del soggetto, inaugura un’altra modalità possibile di entrare nel linguaggio.
SE - 6-7/2014
DA - 2014
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Nelle pagine che seguono, approfondiremo la lettura heideggeriana di Rilke cercando di lasciar emergere i punti in cui Heidegger tocca alcuni dei temi che stanno al cuore del periodo strutturalista di Jacques Lacan. Il testo di Lacan cui faremo riferimento è il discorso che egli tenne a Roma nel 1953, intitolato Funzione e campo della parola e del linguaggio nella psicoanalisi, nel quale Lacan articola la dialettica nel soggetto tra il linguaggio e la parola, tra la struttura simbolica e il simbolo, attraverso la parola vuota, la parola piena e quella viva, o significante. La domanda che ci siamo posti è se è possibile comprendere la parola pensante di Rilke, nell’interpretazione heideggeriana, come se essa fosse la parola piena della soggettività metafisica, nell’accezione che ad essa dà Lacan. La «parola piena» è, secondo Lacan, la parola che storicizza, che conferisce al racconto dei fatti accaduti un senso storico destinale. In questo senso proveremo a comprendere la parola del Rilke di Heidegger come quella che, storicizzando il cammino della soggettività, avrebbe l’effetto di rendere il nostro orecchio nuovamente sensibile alla necessità di un altro inizio del pensiero, realizzando la storia del soggetto «nel suo rapporto con un futuro»((Secondo Lacan «l’avvenimento della parola vera» è la condizione per la «realizzazione da parte del soggetto della sua storia nel suo rapporto con un futuro», J. Lacan, Écrits, Éditions du Seuil, Paris 1966; Scritti, Einaudi, Torino 1974 e 2002, p. 295.)). Ciò che Heidegger non sembra accogliere della parola di Rilke, pur riconoscendogli un ruolo chiave nella fine della metafisica della soggettività, è che essa è intonata da una Stimmung di congedo da ogni rappresentare metafisico. Se quest’ipotesi si rivelasse corretta, sarebbe allora possibile comprendere il suo potere di metterci in cammino verso il compimento della soggettività metafisica, come il potere della «parola piena» nel discorso del soggetto della metafisica. Come una parola che, testimoniando di un processo di soggettivazione della storia metafisica da parte del soggetto, inaugura un’altra modalità possibile di entrare nel linguaggio.
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