Andrea Cavalletti, Suggestione. Potenza e limiti del fascino politico, Bollati Boringhieri, Torino 2011, pp. 175.

1/2016, [:it]gennaio[:en]January[:] ISBN: 9788899871031pp. 255 - 258 DOI: 10.19280/P2016-0012

Abstract

In Suggestione Andrea Cavalletti riprende e sviluppa le ricerche dei suoi volumi precedenti La città biopolitica (2005) e Classe (2009). Quest’ultimo testo muove da una nota alla seconda edizione del saggio sull’opera d’arte di Walter Benjamin, in cui la piccola borghesia contemporanea viene ricondotta alla “folla ipnotizzata” che segue il suo capo descritta dalla psicologia sociale dell’Ottocento. Nella nota Benjamin oppone a questa folla la “classe rivoluzionaria”, che pensa, senza ricorrere a categorie volontaristiche, come una dissoluzione (Auflockerung, un “allentamento”) delle pressioni che mantengono la folla in uno stato d’ipnosi. Nel suo libro Cavalletti indaga la centralità politica della suggestione (termine ripreso già da Benjamin) mostrando un legame indissolubile tra la costituzione delle tecniche di governo e la scienza dell’ipnosi, fin dai suoi albori negli spettacoli ambulanti degli illusionisti del Settecento. Il saggio studia il fenomeno della suggestione nelle sue implicazioni più nascoste, e si rivolge a testi scientifici, filosofici e letterari scarsamente considerati dalla critica. Nell’indagine la suggestione emerge come il cardine della costituzione del biopotere moderno, nella sua necessaria deriva spettacolare, e insieme della sua possibile destituzione.
Il testo si articola attraverso il commento della novella Mario e il mago di Thomas Mann, che narra un episodio reale, lo spettacolo di un illusionista al quale Mann assistette durante un soggiorno a Forte dei Marmi nel ‘26. Tradotta in Italia negli anni Trenta, la novella venne subito censurata perché nei gesti del mago tracciava inequivocabilmente il ritratto di Mussolini. Cavalletti usa il testo come una drammatizzazione della storia della suggestione, mostrando come ognuno dei suoi episodi corrisponda a un aspetto di questa storia, e indicando a partire dal suo epilogo, l’unica parte del racconto immaginata da Mann, un suo possibile arresto. Il “Cavalier Cipolla” che fa il suo ingresso nella sala cinematografica della Versilia potrebbe essere un mago da baraccone del XVIII secolo. È nel Settecento, infatti, che la scienza dell’ipnosi prende avvio in Francia, con il “mesmerismo”, che ebbe una larga diffusione in Europa nel XIX secolo come teoria del magnetismo animale. Il medico Anton Mesmer affermava di aver scoperto un fluido che attraversava il corpo umano, attirabile con dei magneti, grazie al quale poteva guarire i suoi pazienti. Di fatto egli allestiva degli scenari, attraverso i quali riusciva a suggestionare i soggetti e a orientarne il comportamento, a suscitare in loro una reazione (che identificava con la malattia), a cui sapeva far seguire una determinata azione (la guarigione). Una delle peculiarità di questi spettacoli era l’imitazione a cui dava luogo il comportamento del suggestionato in coloro che vi assistevano. Il governo s’interessò subito alla “febbre suggestiva” e Luigi XVI istituì una commissione d’inchiesta sull’esistenza del fluido. I commissari del re stabilirono che il fluido non esisteva, ascrivendo il fenomeno all’immaginazione dei soggetti (una convinzione d’altronde di molti mesmeristi) in cui un’impressione passiva si traduceva in una determinata azione. L’inchiesta si risolse con un processo a Mesmer e con la censura del fenomeno, dietro la quale Cavalletti mostra un tentativo dello stato di assicurarsi il monopolio della tecnica suggestiva. La nascente scienza di governo funziona infatti, secondo l’autore, in modo affine: suscita una paura, ma la lega a una determinata speranza, conduce a desiderare un tipo di vita, e in tal senso si connota come biopotere, soltanto attraverso un tanatopotere, una minaccia di morte. Questo “dispositivo educativo”, in cui passività e attività devono escludersi e includersi a vicenda, ma senza mai toccarsi, coincide con il processo attraverso il quale lo stato produce la “giusta popolazione” e la contrappone a quella falsa e sbagliata. La biopolitica, l’arte del governo è cioè «un esercizio di potere che si sviluppa tra i poli della sicurezza e dell’insicurezza. E il principio di intelligibilità di questo gioco è la divisione in classi» (p.43). E se, secondo la lezione di Foucault, il totalitarismo è una manifestazione parossistica del funzionamento di tutti gli stati, «lo Stato totalitario e razzista sarà non solo il più protettivo e il più assassino ma insieme il più ipnotico e suggestivo» (p.44), si presenterà cioè, nelle parole di Carl Schmitt, come un’enorme «macchina psicotecnica di suggestione di massa» (p.27). Così il mago-dittatore della novella di Mann alterna provocazioni e schiocchi di frusta a una voce suadente che prospetta la realizzazione di un desiderio, e tuttavia, nella ricostruzione del suo spettacolo, vediamo emergere gli elementi che permettono a Cavalletti di delineare una strategia controsuggestiva. Il Cavalier Cipolla, mentre ipnotizza gli spettatori e fa compiere loro gesti ridicoli, si presenta come la vera vittima dell’esercizio di ipnosi, come il soggetto reale delle loro azioni. Quest’atteggiamento rispecchia il metodo di Hyppolite Bernheim, medico francese dell’Ottocento e teorico della suggestione, secondo il quale la terapia suggestiva può riuscire solo se colui che esercita l’ipnosi è a sua volta influenzato dall’ipnotizzato, cioè se è anch’egli in stato di suggestione. Cavalletti mostra le implicazioni radicali di questa pratica: essa sottrae il gioco suggestivo a uno schema verticale, mostrando come il medico, per suscitare un’azione nel paziente, sia costretto a raggiungere un punto in cui passività e attività si toccano, e a indeterminarsi con lui. Il tentativo di reinscrivere la suggestione nella gerarchia medico/malato, veglia/sonno, sano/isterica, viene compiuto da Jean-Martin Charcot, il rivale di Bernheim, la cui posizione è esemplificata nella novella dall’atteggiamento di dominio e di scherno che il mago assume nei confronti degli spettatori ipnotizzati. Tuttavia per Cavalletti Bernheim aveva ormai minato questo rapporto gerarchico, mostrando come il potere, per suscitare un’azione, debba ancorarsi sulla soglia dell’immaginazione in cui essa comunica con la passività, come sia costretto a suggestionarsi a sua volta, ad assumere un volto spettacolare, ma come dunque «quel teatro, per il Cavalier Cipolla, non era mai stato un riparo affidabile» (p. 149). Alla fine del racconto Mario, un timido cameriere dell’albergo di Mann, scendendo dal palco dopo esser stato ipnotizzato e umiliato dal mago, estrae una pistola dalla tasca e lo uccide. Cavalletti discute in primo luogo l’interpretazione dell’epilogo della novella di Hans Mayer, il quale nel suo libro su Mann, basandosi sul commento di Lukács, afferma che Mario, diversamente dagli altri spettatori, non oppone alcuna resistenza al mago durante l’ipnosi perché non incarna un mero non volere, bensì una “pura volontà”. Ciò contraddice però la lettera del testo di Mann, nel quale il docile Mario appare proprio sottrarsi al gioco non-volere/volere, resistenza/ipnosi così abilmente sfruttato dal mago. Cavalletti offre un’interpretazione diversa del gesto del personaggio, che elabora a partire dai paragrafi dedicati da Hegel al magnetismo animale nella terza parte dell’Enciclopedia. Secondo Hegel il soggetto suggestionabile è colui nel quale il lato passivo è emerso in primo piano rispetto a quello cosciente, e che si trova così esposto all’influenza di un altro soggetto. Il paradigma di questa condizione è il feto nel ventre materno, una pura passività che comunica immediatamente col “genio” della madre. Con la nascita tuttavia questo nucleo passivo non scompare, ma persiste nell’individuo come il suo “carattere”. Ciò vuol dire, secondo Hegel, che nell’ipnosi non è possibile stabilire se l’io agisca sotto l’influenza dell’ipnotizzatore o sotto quella del suo carattere, che vi è in essa un’insicurezza (Unsicherheit) fondamentale. Durante lo spettacolo del Cavalier Cipolla è impossibile stabilire se Mario obbedisca al mago o al suo carattere, e il gioco, come rivela il suo gesto, diventa ingovernabile. Il rapporto tra genio materno e feto esposto nell’Enciclopedia mostra secondo Cavalletti «che l’essenza del sonnambulismo non è ipnotica» (p.153), ma consiste in una passività costitutiva dell’azione, in una duplicità ineliminabile della soggettività, che il potere cerca di catturare con la suggestione, ma che lo espone costantemente al fallimento. Nella suggestione, infatti, «il rapporto verticale appare ed è al tempo stesso revocato», per prodursi esso deve ancorarsi «su un punto di attacco, di passività o mancanza di resistenza, ma proprio la passività è doppia e in quel luogo tutto si confonde, ogni gerarchia crolla (…) nulla è più prevedibile» (p.144). Cavalletti indica nel termine durchzittern, attraverso il quale Hegel caratterizza il “vibrare” del feto nel ventre materno, un rimando al tremore (erzittern) che nella Fenomenologia connota il servo, rimando già rilevato da Jean-Luc Nancy. È proprio questo tremore del servo, questa passività costitutiva dell’agire, che il padrone cerca di catturare, facendolo “tremare” con la minaccia di morte e inducendolo al lavoro. Un nesso irrisolvibile di passività e attività precede dunque la lotta servo-padrone, ed è alla base della crescente violenza del padrone proprio nella misura in cui è inafferrabile, in quanto mina l’intero sviluppo della dialettica, attestandosi come un punto di indeterminazione in cui essa può sempre disfarsi.
Ma quale situazione si apre nella mossa controsuggestiva, in cui passione e azione sono inseparabili? Secondo Cavalletti il dispositivo educativo biopolitico può venir destituito attraverso un’educazione, quale Benjamin la intende in una lettera a Scholem del ’17: il concetto di «influenza», vi si legge, dovrebbe essere escluso dalla pedagogia, perché implica «una fede nel nudo potere (per suggestioni o simili)», mentre l’insegnare è un apprendere, un processo in cui «il discente si trasforma continuamente nel docente» (p.152). L’educazione si attesta cioè in Benjamin come una soglia sulla quale insegnamento e apprendimento, attività e passività, sono indivisibili, in cui i termini opposti trovano una nuova connotazione a partire dal loro rapporto. Ed è sempre con l’espressione benjaminiana “anima del vivente” che le battute conclusive del testo cercano di pensare una passività ineliminabile nell’agire politico, «in cui ogni suggestione (…) è sempre ancora indeterminata perché sempre potenziale» (p.155).

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Bonacci, Valeria. "Andrea Cavalletti, Suggestione. Potenza e limiti del fascino politico, Bollati Boringhieri, Torino 2011, pp. 175.". Pólemos IX. 1. (2016): 255-258 https://www.rivistapolemos.it/andrea-cavalletti-suggestione-potenza-e-limiti-del-fascino-politico-bollati-boringhieri-torino-2011-pp-175/?lang=it
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Bonacci, . (2016). "Andrea Cavalletti, Suggestione. Potenza e limiti del fascino politico, Bollati Boringhieri, Torino 2011, pp. 175.". Pólemos IX. (1). 255-258 https://www.rivistapolemos.it/andrea-cavalletti-suggestione-potenza-e-limiti-del-fascino-politico-bollati-boringhieri-torino-2011-pp-175/?lang=it
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Bonacci, Valeria. 2016. "Andrea Cavalletti, Suggestione. Potenza e limiti del fascino politico, Bollati Boringhieri, Torino 2011, pp. 175.". Pólemos IX (1). Donzelli Editore: 255-258. https://www.rivistapolemos.it/andrea-cavalletti-suggestione-potenza-e-limiti-del-fascino-politico-bollati-boringhieri-torino-2011-pp-175/?lang=it
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