Il presente fascicolo in parte riproduce alcune tra le più significative relazioni svolte nell’ambito degli incontri seminariali della Scuola di Roma (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), tenutisi tra gennaio e maggio 2016 sul tema Emancipazione; in parte raccoglie alcuni importanti contributi elaborati su questo tema provenienti dall’area culturale francese.
L’argomento può sembrare controcorrente a tutti coloro i quali, come Francis Fukuyama, hanno decretato la fine dei tempi e salutato positivamente il traguardo compiuto dell’Occidente finalmente approdato al “regno della libertà”. Nondimeno, il sopraggiungere di alcuni fenomeni allarmanti – una lunga e non ancora superata crisi economica, i mutamenti climatici che promettono e già in parte producono conseguenze drammatiche, il terrorismo jihadista che propone con la violenza di restaurare un ordine mitico – corrobora la convinzione opposta, condivisa dai curatori del presente fascicolo di Pólemos, che non solo la storia non sia giunta alla propria fine e non abbia conseguito il proprio fine, ammesso e non concesso che ne abbia uno, ma neppure il presente rappresenti un orizzonte intrascendibile e che, pur rimanendo all’interno di questo orizzonte, si diano buoni motivi – personali e collettivi, intellettuali, etici e politici – per impegnarsi a conquistare nuove libertà e nuove forme di autodeterminazione, emancipate da ragioni, discorsi, fini, pratiche, moventi eteronomi. Nell’epoca della «sussunzione reale», della pervasiva colonizzazione del mondo del lavoro e di quello della vita da parte della logica e della pratica del capitalismo neoliberista, porre il tema dell’emancipazione significa, in effetti, porre il tema della possibilità dell’altro – ovvero della possibilità che quella logica e quella pratica possano lasciar emergere qualcosa di diverso o addirittura qualcosa di imprevisto e contrario a se stesse.
Ciò non significa che i processi di emancipazione si giochino solo nella pura dimensione della lotta contro il capitale. Le relazioni tra i sessi e il rapporto con la natura e con la storia indicano altrettante scene in cui si fa valere il bisogno di emancipazione e di nuove forme di vita.
Questo numero di Pólemos intende approfondire le ragioni che ne fanno ancora una questione attuale, scrutandone innanzi tutto lo statuto teorico e confrontandosi con alcuni momenti cruciali della sua elaborazione filosofica moderna e contemporanea.
Il nostro fascicolo non può, come ovvio, esplorare tutta la ricchezza del tema, e si limita a illuminare il concetto di emancipazione esaminando alcune esemplari riflessioni filosofiche. In apertura, il saggio di Filippo Mignini pone il problema di come pensare libertà e emancipazione in un sistema deterministico quale quello di Spinoza. In realtà, per Spinoza la libertà postula la necessità, perché la libertà, intesa come scelta contingente o indifferenza d’arbitrio, è pura finzione. La filosofia di Spinoza non si propone quindi di dimostrare come sia possibile la libertà malgrado o nonostante la necessità; ma, al contrario, afferma che la vera libertà è possibile solo in un sistema di necessità. In tal senso, liberando da inveterati pregiudizi, la filosofia spinoziana può essere considerata in sommo grado emancipatrice.
Pierluigi Valenza ritiene che il modo di vivere nelle loro comunità dei profeti antichi, in particolare nella tradizione ebraica, possa essere di interesse nell’attuale dibattito sul ruolo della religione nello spazio pubblico. Il profeta esercita infatti uno sguardo critico nei confronti del modo ordinario di vivere della comunità e di apertura verso coloro che la comunità esclude o emargina. Alla luce delle interpretazioni di Buber, Bloch e Ricœur, il modello profetico mostra la sua attualità, sulla base della sua costitutiva finitezza.
A Hegel sono consacrati i due saggi successivi. Nel contributo di Francesco Campana si affronta il problema dall’inusuale punto di vista dell’arte, ponendo a confronto il concetto di libertà proprio dell’età classica, più appropriato al concetto hegeliano di arte, e la superiore versione del concetto di libertà, più spirituale e meno artistica, caratteristica del moderno. Giovanna Miolli, riferendosi specificamente a Hegel e alla sua concezione della verità, esplora in che senso l’emancipazione del soggetto possa essere intesa come la capacità di “pensare il vero” in virtù dell’appartenenza al pensiero e alla capacità di autosuperamento della coscienza, in cui si toglie la certezza solo soggettiva.
Giuseppe Greco, a sua volta, esamina alcuni aspetti del rapporto che lega uso memoriale del passato ed emancipazione politica, nella prospettiva ambivalente dell’esercizio di un dominio o di un processo di liberazione. Riferimenti esemplari sono la Cité divisée di Nicole Loraux, Il principe e i Discorsi di Machiavelli, e infine i discorsi di Hebe Bonafini, portavoce delle Madres de Plaza de Mayo.
L’articolo di Diogo Sardinha traccia una storia filosofica dell’emancipazione tra Kant e Deleuze, soffermandosi in particolare sulla dicotomia divenir maggiore-divenir minore che oppone e polarizza le riflessioni dei due autori, e parallelamente s’interroga sulla possibilità per la stessa filosofia di esercitare ancora oggi un ruolo emancipatore.
Sono legati al dibattito attuale e alla situazione storica presente gli interventi di Leonard Mazzone e Angelo Nizza. L’articolo di Mazzone considera il concetto di emancipazione attraverso il prisma della critica, analizzando le ragioni storiche e teoriche della debolezza delle voci critiche nelle società odierne.
Se il nuovo spirito del capitalismo si è formato incorporando istanze critiche mosse contro di esso, il corso della critica, a sua volta, ha subito delle profonde ristrutturazioni, materiali e ideologiche. Nizza, invece, presenta la teoria politica dell’esodo, elaborata all’interno del pensiero radicale italiano e in particolare dalla riflessione di Paolo Virno, per proporla come una delle più coerenti strategie dell’emancipazione contemporanea.
Il saggio di Bertrand Binoche affronta solo indirettamente il tema dell’emancipazione per concentrarsi sulla storia di un concetto che tuttavia rimanda costitutivamente ad esso per opposizione: il concetto di schiavitù. Ricostruendo la geneaologia del dibattito filosofico sulla schiavitù nell’epoca dei Lumi, l’articolo discute l’equivocità connaturata e pregnante di questo termine polisemico.
Il contributo di Françoise Collin, tradotto e introdotto da Mara Montanaro, sviluppa una riflessione sulle traiettorie del pensiero femminista francese contemporaneo, lontano dalle prospettive emancipazioniste e influenzato più recentemente dalle tendenze postmoderne e dalla teoria queer. Confrontando in particolare pensiero della differenza e decostruzionismo, esso si domanda fino a dove possa spingersi la critica della differenza dei sessi senza precipitare nell’affermazione ingenua dell’indifferenza sessuale. Infine l’articolo di Jacques Rancière (apparso per la prima volta nel 1989) ricostruisce l’origine del concetto moderno di emancipazione attraverso i contributi di due figure intellettuali di spicco del pensiero francese del diciannovesimo secolo: P.-S. Ballanche e J.-J. Jacotot. Il saggio invita a riflettere criticamente sulle tensioni ideali che caratterizzano il rapporto che il concetto di emancipazione intrattiene con i concetti di uguaglianza e libertà e solleva un profondo interrogativo rispetto alla possibilità di coltivare un progetto collettivo di emancipazione della società.
Esporta un file formato BIB per Bebop, BibSonomy, BibTeX, Jumper 2.0, Pybliographer, Qiqqa…
TY - JOUR
A1 - Biscuso, Massimiliano
A2 - M. H. Mascat,Jamila
PY - 2017
TI - Presentazione
JO - Plemos
SN - 9788899871789/2281-9517
AB - Il presente fascicolo in parte riproduce alcune tra le più significative relazioni svolte nell’ambito degli incontri seminariali della Scuola di Roma (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), tenutisi tra gennaio e maggio 2016 sul tema Emancipazione; in parte raccoglie alcuni importanti contributi elaborati su questo tema provenienti dall’area culturale francese.
L’argomento può sembrare controcorrente a tutti coloro i quali, come Francis Fukuyama, hanno decretato la fine dei tempi e salutato positivamente il traguardo compiuto dell’Occidente finalmente approdato al “regno della libertà”. Nondimeno, il sopraggiungere di alcuni fenomeni allarmanti – una lunga e non ancora superata crisi economica, i mutamenti climatici che promettono e già in parte producono conseguenze drammatiche, il terrorismo jihadista che propone con la violenza di restaurare un ordine mitico – corrobora la convinzione opposta, condivisa dai curatori del presente fascicolo di Pólemos, che non solo la storia non sia giunta alla propria fine e non abbia conseguito il proprio fine, ammesso e non concesso che ne abbia uno, ma neppure il presente rappresenti un orizzonte intrascendibile e che, pur rimanendo all’interno di questo orizzonte, si diano buoni motivi – personali e collettivi, intellettuali, etici e politici – per impegnarsi a conquistare nuove libertà e nuove forme di autodeterminazione, emancipate da ragioni, discorsi, fini, pratiche, moventi eteronomi. Nell’epoca della «sussunzione reale», della pervasiva colonizzazione del mondo del lavoro e di quello della vita da parte della logica e della pratica del capitalismo neoliberista, porre il tema dell’emancipazione significa, in effetti, porre il tema della possibilità dell’altro – ovvero della possibilità che quella logica e quella pratica possano lasciar emergere qualcosa di diverso o addirittura qualcosa di imprevisto e contrario a se stesse.
Ciò non significa che i processi di emancipazione si giochino solo nella pura dimensione della lotta contro il capitale. Le relazioni tra i sessi e il rapporto con la natura e con la storia indicano altrettante scene in cui si fa valere il bisogno di emancipazione e di nuove forme di vita.
Questo numero di Pólemos intende approfondire le ragioni che ne fanno ancora una questione attuale, scrutandone innanzi tutto lo statuto teorico e confrontandosi con alcuni momenti cruciali della sua elaborazione filosofica moderna e contemporanea.
Il nostro fascicolo non può, come ovvio, esplorare tutta la ricchezza del tema, e si limita a illuminare il concetto di emancipazione esaminando alcune esemplari riflessioni filosofiche. In apertura, il saggio di Filippo Mignini pone il problema di come pensare libertà e emancipazione in un sistema deterministico quale quello di Spinoza. In realtà, per Spinoza la libertà postula la necessità, perché la libertà, intesa come scelta contingente o indifferenza d’arbitrio, è pura finzione. La filosofia di Spinoza non si propone quindi di dimostrare come sia possibile la libertà malgrado o nonostante la necessità; ma, al contrario, afferma che la vera libertà è possibile solo in un sistema di necessità. In tal senso, liberando da inveterati pregiudizi, la filosofia spinoziana può essere considerata in sommo grado emancipatrice.
Pierluigi Valenza ritiene che il modo di vivere nelle loro comunità dei profeti antichi, in particolare nella tradizione ebraica, possa essere di interesse nell’attuale dibattito sul ruolo della religione nello spazio pubblico. Il profeta esercita infatti uno sguardo critico nei confronti del modo ordinario di vivere della comunità e di apertura verso coloro che la comunità esclude o emargina. Alla luce delle interpretazioni di Buber, Bloch e Ricœur, il modello profetico mostra la sua attualità, sulla base della sua costitutiva finitezza.
A Hegel sono consacrati i due saggi successivi. Nel contributo di Francesco Campana si affronta il problema dall’inusuale punto di vista dell’arte, ponendo a confronto il concetto di libertà proprio dell’età classica, più appropriato al concetto hegeliano di arte, e la superiore versione del concetto di libertà, più spirituale e meno artistica, caratteristica del moderno. Giovanna Miolli, riferendosi specificamente a Hegel e alla sua concezione della verità, esplora in che senso l’emancipazione del soggetto possa essere intesa come la capacità di “pensare il vero” in virtù dell’appartenenza al pensiero e alla capacità di autosuperamento della coscienza, in cui si toglie la certezza solo soggettiva.
Giuseppe Greco, a sua volta, esamina alcuni aspetti del rapporto che lega uso memoriale del passato ed emancipazione politica, nella prospettiva ambivalente dell’esercizio di un dominio o di un processo di liberazione. Riferimenti esemplari sono la Cité divisée di Nicole Loraux, Il principe e i Discorsi di Machiavelli, e infine i discorsi di Hebe Bonafini, portavoce delle Madres de Plaza de Mayo.
L’articolo di Diogo Sardinha traccia una storia filosofica dell’emancipazione tra Kant e Deleuze, soffermandosi in particolare sulla dicotomia divenir maggiore-divenir minore che oppone e polarizza le riflessioni dei due autori, e parallelamente s’interroga sulla possibilità per la stessa filosofia di esercitare ancora oggi un ruolo emancipatore.
Sono legati al dibattito attuale e alla situazione storica presente gli interventi di Leonard Mazzone e Angelo Nizza. L’articolo di Mazzone considera il concetto di emancipazione attraverso il prisma della critica, analizzando le ragioni storiche e teoriche della debolezza delle voci critiche nelle società odierne.
Se il nuovo spirito del capitalismo si è formato incorporando istanze critiche mosse contro di esso, il corso della critica, a sua volta, ha subito delle profonde ristrutturazioni, materiali e ideologiche. Nizza, invece, presenta la teoria politica dell’esodo, elaborata all’interno del pensiero radicale italiano e in particolare dalla riflessione di Paolo Virno, per proporla come una delle più coerenti strategie dell’emancipazione contemporanea.
Il saggio di Bertrand Binoche affronta solo indirettamente il tema dell’emancipazione per concentrarsi sulla storia di un concetto che tuttavia rimanda costitutivamente ad esso per opposizione: il concetto di schiavitù. Ricostruendo la geneaologia del dibattito filosofico sulla schiavitù nell’epoca dei Lumi, l’articolo discute l’equivocità connaturata e pregnante di questo termine polisemico.
Il contributo di Françoise Collin, tradotto e introdotto da Mara Montanaro, sviluppa una riflessione sulle traiettorie del pensiero femminista francese contemporaneo, lontano dalle prospettive emancipazioniste e influenzato più recentemente dalle tendenze postmoderne e dalla teoria queer. Confrontando in particolare pensiero della differenza e decostruzionismo, esso si domanda fino a dove possa spingersi la critica della differenza dei sessi senza precipitare nell’affermazione ingenua dell’indifferenza sessuale. Infine l’articolo di Jacques Rancière (apparso per la prima volta nel 1989) ricostruisce l’origine del concetto moderno di emancipazione attraverso i contributi di due figure intellettuali di spicco del pensiero francese del diciannovesimo secolo: P.-S. Ballanche e J.-J. Jacotot. Il saggio invita a riflettere criticamente sulle tensioni ideali che caratterizzano il rapporto che il concetto di emancipazione intrattiene con i concetti di uguaglianza e libertà e solleva un profondo interrogativo rispetto alla possibilità di coltivare un progetto collettivo di emancipazione della società.
SE - 1/2017
DA - 2017
KW - Emancipazione KW - freedom KW - Emancipation KW - Hegel KW - Kant KW - Deleuze KW - libertà KW - Spinoza
UR - https://www.rivistapolemos.it/presentazione/?lang=it
DO - 10.19280/P2017-1-001
PB - Donzelli Editore
LA - it
SP - 7
EP - 9
ER -
@article{1019280/P20171001,
author = {Massimiliano Biscuso and JamilaM. H. Mascat},
title = {Presentazione},
publisher = {Donzelli Editore},
year = {2017},
ISBN = {9788899871789},
issn = {2281-9517},
abstract = {Il presente fascicolo in parte riproduce alcune tra le più significative relazioni svolte nell’ambito degli incontri seminariali della Scuola di Roma (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), tenutisi tra gennaio e maggio 2016 sul tema Emancipazione; in parte raccoglie alcuni importanti contributi elaborati su questo tema provenienti dall’area culturale francese.
L’argomento può sembrare controcorrente a tutti coloro i quali, come Francis Fukuyama, hanno decretato la fine dei tempi e salutato positivamente il traguardo compiuto dell’Occidente finalmente approdato al “regno della libertà”. Nondimeno, il sopraggiungere di alcuni fenomeni allarmanti – una lunga e non ancora superata crisi economica, i mutamenti climatici che promettono e già in parte producono conseguenze drammatiche, il terrorismo jihadista che propone con la violenza di restaurare un ordine mitico – corrobora la convinzione opposta, condivisa dai curatori del presente fascicolo di Pólemos, che non solo la storia non sia giunta alla propria fine e non abbia conseguito il proprio fine, ammesso e non concesso che ne abbia uno, ma neppure il presente rappresenti un orizzonte intrascendibile e che, pur rimanendo all’interno di questo orizzonte, si diano buoni motivi – personali e collettivi, intellettuali, etici e politici – per impegnarsi a conquistare nuove libertà e nuove forme di autodeterminazione, emancipate da ragioni, discorsi, fini, pratiche, moventi eteronomi. Nell’epoca della «sussunzione reale», della pervasiva colonizzazione del mondo del lavoro e di quello della vita da parte della logica e della pratica del capitalismo neoliberista, porre il tema dell’emancipazione significa, in effetti, porre il tema della possibilità dell’altro – ovvero della possibilità che quella logica e quella pratica possano lasciar emergere qualcosa di diverso o addirittura qualcosa di imprevisto e contrario a se stesse.
Ciò non significa che i processi di emancipazione si giochino solo nella pura dimensione della lotta contro il capitale. Le relazioni tra i sessi e il rapporto con la natura e con la storia indicano altrettante scene in cui si fa valere il bisogno di emancipazione e di nuove forme di vita.
Questo numero di Pólemos intende approfondire le ragioni che ne fanno ancora una questione attuale, scrutandone innanzi tutto lo statuto teorico e confrontandosi con alcuni momenti cruciali della sua elaborazione filosofica moderna e contemporanea.
Il nostro fascicolo non può, come ovvio, esplorare tutta la ricchezza del tema, e si limita a illuminare il concetto di emancipazione esaminando alcune esemplari riflessioni filosofiche. In apertura, il saggio di Filippo Mignini pone il problema di come pensare libertà e emancipazione in un sistema deterministico quale quello di Spinoza. In realtà, per Spinoza la libertà postula la necessità, perché la libertà, intesa come scelta contingente o indifferenza d’arbitrio, è pura finzione. La filosofia di Spinoza non si propone quindi di dimostrare come sia possibile la libertà malgrado o nonostante la necessità; ma, al contrario, afferma che la vera libertà è possibile solo in un sistema di necessità. In tal senso, liberando da inveterati pregiudizi, la filosofia spinoziana può essere considerata in sommo grado emancipatrice.
Pierluigi Valenza ritiene che il modo di vivere nelle loro comunità dei profeti antichi, in particolare nella tradizione ebraica, possa essere di interesse nell’attuale dibattito sul ruolo della religione nello spazio pubblico. Il profeta esercita infatti uno sguardo critico nei confronti del modo ordinario di vivere della comunità e di apertura verso coloro che la comunità esclude o emargina. Alla luce delle interpretazioni di Buber, Bloch e Ricœur, il modello profetico mostra la sua attualità, sulla base della sua costitutiva finitezza.
A Hegel sono consacrati i due saggi successivi. Nel contributo di Francesco Campana si affronta il problema dall’inusuale punto di vista dell’arte, ponendo a confronto il concetto di libertà proprio dell’età classica, più appropriato al concetto hegeliano di arte, e la superiore versione del concetto di libertà, più spirituale e meno artistica, caratteristica del moderno. Giovanna Miolli, riferendosi specificamente a Hegel e alla sua concezione della verità, esplora in che senso l’emancipazione del soggetto possa essere intesa come la capacità di “pensare il vero” in virtù dell’appartenenza al pensiero e alla capacità di autosuperamento della coscienza, in cui si toglie la certezza solo soggettiva.
Giuseppe Greco, a sua volta, esamina alcuni aspetti del rapporto che lega uso memoriale del passato ed emancipazione politica, nella prospettiva ambivalente dell’esercizio di un dominio o di un processo di liberazione. Riferimenti esemplari sono la Cité divisée di Nicole Loraux, Il principe e i Discorsi di Machiavelli, e infine i discorsi di Hebe Bonafini, portavoce delle Madres de Plaza de Mayo.
L’articolo di Diogo Sardinha traccia una storia filosofica dell’emancipazione tra Kant e Deleuze, soffermandosi in particolare sulla dicotomia divenir maggiore-divenir minore che oppone e polarizza le riflessioni dei due autori, e parallelamente s’interroga sulla possibilità per la stessa filosofia di esercitare ancora oggi un ruolo emancipatore.
Sono legati al dibattito attuale e alla situazione storica presente gli interventi di Leonard Mazzone e Angelo Nizza. L’articolo di Mazzone considera il concetto di emancipazione attraverso il prisma della critica, analizzando le ragioni storiche e teoriche della debolezza delle voci critiche nelle società odierne.
Se il nuovo spirito del capitalismo si è formato incorporando istanze critiche mosse contro di esso, il corso della critica, a sua volta, ha subito delle profonde ristrutturazioni, materiali e ideologiche. Nizza, invece, presenta la teoria politica dell’esodo, elaborata all’interno del pensiero radicale italiano e in particolare dalla riflessione di Paolo Virno, per proporla come una delle più coerenti strategie dell’emancipazione contemporanea.
Il saggio di Bertrand Binoche affronta solo indirettamente il tema dell’emancipazione per concentrarsi sulla storia di un concetto che tuttavia rimanda costitutivamente ad esso per opposizione: il concetto di schiavitù. Ricostruendo la geneaologia del dibattito filosofico sulla schiavitù nell’epoca dei Lumi, l’articolo discute l’equivocità connaturata e pregnante di questo termine polisemico.
Il contributo di Françoise Collin, tradotto e introdotto da Mara Montanaro, sviluppa una riflessione sulle traiettorie del pensiero femminista francese contemporaneo, lontano dalle prospettive emancipazioniste e influenzato più recentemente dalle tendenze postmoderne e dalla teoria queer. Confrontando in particolare pensiero della differenza e decostruzionismo, esso si domanda fino a dove possa spingersi la critica della differenza dei sessi senza precipitare nell’affermazione ingenua dell’indifferenza sessuale. Infine l’articolo di Jacques Rancière (apparso per la prima volta nel 1989) ricostruisce l’origine del concetto moderno di emancipazione attraverso i contributi di due figure intellettuali di spicco del pensiero francese del diciannovesimo secolo: P.-S. Ballanche e J.-J. Jacotot. Il saggio invita a riflettere criticamente sulle tensioni ideali che caratterizzano il rapporto che il concetto di emancipazione intrattiene con i concetti di uguaglianza e libertà e solleva un profondo interrogativo rispetto alla possibilità di coltivare un progetto collettivo di emancipazione della società.}
journal = {Pólemos},
number = {1/2017},
doi = {10.19280/P2017-1-001},
URL = {https://www.rivistapolemos.it/presentazione/?lang=it},
keywords = {Emancipazione; freedom; Emancipation; Hegel; Kant; Deleuze; libertà; Spinoza.},
pages = {7-9},
language = {it}
}